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|Nome = Adriano |Cognome = Prosperi |Sesso = M |LuogoNascita = Cerreto Guidi |GiornoMeseNascita = 21 agosto |AnnoNascita = 1939 |Attività = storico |Attività2 = giornalista |Epoca = 2000 |Nazionalità = italiano |PostNazionalità = }}

Cenni biografici[modifier | modifier le code]

Carriera accademica[modifier | modifier le code]

Si è formato presso l'Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore, dove, negli stessi anni di Carlo Ginzburg e di Adriano Sofri, è stato allievo di Armando Saitta e Delio Cantimori. Prima del pensionamento, ha insegnato Storia moderna presso l'Università della Calabria, l'Università di Bologna, l'Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore. È membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei.

I suoi principali interessi di studio hanno riguardato la storia dell'Inquisizione romana, la storia dei movimenti ereticali nell'Italia del Cinquecento, la storia delle culture e delle mentalità tra Medioevo ed età moderna.

La sua opera più nota è stata Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, in cui Prosperi ha presentato una interpretazione dei modi e delle forme con cui l'egemonia cattolica si sarebbe definitivamente affermata in Italia a cavallo tra XVI e XVII sec., interpretazione che ha suscitato un ampio dibattito storiografico sul peso dell'Inquisizione nella storia italiana[1].

Attività pubblicistica[modifier | modifier le code]

Ha scritto per le pagine culturali del Corriere della Sera e de Il Sole 24 Ore, occupandosi per lo più di recensioni di libri. In seguito ha collaborato con La Repubblica, estendendo il suo campo di intervento a temi di rilevanza politica e sociale. Ha curato la rubrica il taccuino sul settimanale left. Ha partecipato ad alcune puntate della trasmissione "L'Infedele", condotta da Gad Lerner su La7.

Prosperi è noto e ammirato per la sua vena moralizzatrice, concentratasi in un primo momento contro l'inefficienza e la "corruzione" del sistema accademico[2], quindi via via sempre più, soprattutto nei suoi interventi su La Repubblica e a "L'Infedele", su temi politici e sociali.

I suoi interventi pubblici, tra 2008 e 2011, sono stati caratterizzati da una forte polemica anti-berlusconiana. In seguito, è intervenuto spesso sulla questione israelo-palestinese: le sue decise prese di posizione filo-israeliane sono state vivamente prese di mira nella pubblicistica critica (fino al punto di essere definito "pennivendolo" [3]).

Note familiari[modifier | modifier le code]

La figlia Valentina Prosperi, latinista, allieva di Gian Biagio Conte, collega di Prosperi all'Università di Pisa e alla Normale, è anch'essa ricercatrice e docente universitaria presso l'Università di Sassari, autrice del volume Di soavi licor gli orli del vaso: la fortuna di Lucrezio dall'Umanesimo alla Controriforma, N. Aragno, Torino 2004. Nel maggio 2007 il suo nome è stato coinvolto nell'affaire del "corvo" della Normale (con illazioni infamanti su presunte pressioni da parte del padre per favorirne la carriera).

Polemiche e controversie[modifier | modifier le code]

La polemica storiografica su Delio Cantimori[modifier | modifier le code]

Catégorie:Andrebbe aggiunto un sunto di poche righe che inquadri nel dibattito storiografico gli interventi degli storici che hanno suscitato la reazione di Prosperi Nel contesto di una riflessione più generale [4] sul passaggio di numerosi intellettuali italiani dal fascismo al comunismo dopo la caduta del regime, negli anni duemila alcuni storici, tra i quali Eugenio Di Rienzo, Paolo Simoncelli e Nicola D'Elia[5], si sono interessati alla figura di Delio Cantimori, personaggio rilevante della cultura italiana del Novecento, e al tempo stesso personalità tormentata, complessa e sfuggente, come notarono ben presto anche i suoi contemporanei[6]. Questi storici, insistendo molto sull'ostilità di Cantimori nei confronti del liberalismo e del parlamentarismo e sul suo interesse per la "rivoluzione nazionale" ma anche per la cultura politica tedesca contemporanea, ne hanno tracciato un peculiare itinerario politico: passando dal mazzinianesimo giovanile al fascismo di sinistra della maturità, Cantimori sarebbe approdato infine ad una forma di "nazionalbolscevismo". Il che giustificherebbe la sua conversione comunista, avvenuta in coincidenza del patto Molotov-Ribbentrop e il suo impegno nelle fila del PCI nell'immediato dopoguerra.

Prosperi, allievo di Cantimori, ha sempre difeso con ostinazione quest'ultimo[7], definendolo "maestro di tolleranza", rigettando risolutamente il "nazionalbolscevismo" attribuitogli, e accusando diversi studiosi (Eugenio Di Rienzo, Ernesto Galli della Loggia, Giuseppe Bedeschi, Pietro Citati) di voler "crocifiggere in lui gli "errori" dell'Italia novecentesca, equamente divisi tra due Moloch, fascismo e comunismo" e farne "un capro espiatorio di tutti i mali del passato italiano". Prosperi, inoltre, ha collegato la "conversione democratica" di Cantimori alle ricerche intraprese dall'inizio degli anni Trenta sugli eretici italiani del Cinquecento, diversamente dall'opinione di altri studiosi, come Roberto Pertici per esempio, i quali hanno criticato le interpretazioni di Di Rienzo, Simoncelli e D'Elia, ma ritengono comunque che l'abbandono dell'ideologia fascista da parte di Cantimori sia stato molto più tardivo[8]. Prosperi ha accusato questi studiosi di ripercorrere le vicende "con una curiosità spesso malignamente deformante e spesso paurosamente superficiale, pur nell'accumulo di inediti di ogni tipo", sostenendo che già la voce Cantimori redatta da Piero Craveri per il vol. 14 (1974) del Dizionario Biografico degli Italiani [9] fosse "assai discutibile", e tacciando Pietro Citati (studente della Normale dal 1947 al 1951) di "maramalda ferocia goliardica" per un ritratto grottesco di Cantimori da lui tracciato su La Repubblica[10].

Per la sua vivace difesa del maestro, Prosperi è stato accusato da Di Rienzo di "uso politico della storia" e di volere aprioristicamente "santificare" Cantimori come un "figurino liberal-democratico-progressista"[11]. Il giornalista Dino Messina ha scritto sulle pagine del Corriere della Sera: "Quel che Prosperi vuol difendere è il metodo scientifico di uno studioso, uno dei maggiori del Novecento, «instancabile e attentissimo nell'analizzare i veleni ideologici diffusi nella pratica storiografica», e tanto onesto da essere capace di un' «impietosa autoanalisi» per denunciare i suoi stessi errori. Ma in tanta veemenza, ricerca della scienza e del vero metodo storico, Prosperi commette un errore che lui stesso definirebbe «ideologico»". Il filosofo Bedeschi ha dichiarato: "Prosperi confonde il piano scientifico con quello politico". Ed ancor più duro è stato lo storico Di Rienzo, che ha inserito le sue accuse in un discorso legato ad una egemonia culturale da parte del PCI: "La verità è che Prosperi crea dei santuari della memoria: di alcuni si può dire tutto e di altri nulla (...) Il rapporto tra Cantimori e il fascismo è ancora poco indagato. Non è stata mai pubblicata, ad esempio, la voce "Onore" scritta per il Dizionario di politica del Partito nazionale fascista, in cui lo storico sottolineava la valorizzazione di questo sentimento nel nazismo, conformemente all' antico diritto germanico. Una delle leggi razziste di Norimberga si chiamava "legge per la difesa del sangue e dell' onore tedesco". Mi sembra una scoperta di un certo peso. Come mai Gioacchino Volpe, che aveva criticato le leggi razziali, pagò con l' epurazione dall'insegnamento la sua adesione al fascismo, Giovanni Gentile, che aveva impedito la pubblicazione di voci antisemite sull'Enciclopedia italiana, fu addirittura ucciso, mentre Cantimori se la cavò senza una critica? Non vorrei pensare che in questo abbia pesato il suo avvicinamento al PCI. Cantimori non fu neppure sfiorato dai processi di epurazione così come non venne toccato Curzio Malaparte, protetto personalmente da Palmiro Togliatti (...) Qui si vuol difendere un' egemonia culturale a ogni costo. Prosperi parla delle carte di Cantimori custodite alla Normale: perché alcuni ricercatori non riescono a consultarle? Ci arrivano soltanto gli studiosi embedded"[12]. Similmente a Di Rienzo si è espresso Paolo Simoncelli: "fino agli inizi degli anni Novanta Cantimori era considerato una specie di santo della cultura di sinistra, da proteggere in una nicchia. E lo stesso Prosperi, allievo di Cantimori, rivela che esiste ancora un nervo scoperto. Non è un segreto che a metà degli anni Settanta il Dizionario biografico degli italiani censurò la voce "Cantimori" scritta da Domenico Caccamo, che rivelava i trascorsi fascisti dello studioso, che non era soltanto un uomo del regime, ma un giovane intellettuale con forti simpatie per il nazionalsocialismo anticapitalista e uno dei pochi a partecipare all'avventura del nazionalbolscevismo, su cui si sa ancora poco (...) Quando De Felice finì il primo volume della sua monumentale monografia, Mussolini il rivoluzionario, consegnò una copia del dattiloscritto al maestro Cantimori, che si emozionò tanto da riempire quelle pagine di note a margine ricche di testimonianze personali. Nessuno può accedere a quel dattiloscritto, perché la moglie di Cantimori pose un vincolo severissimo"[13].

La polemica storiografica sul peso dell’Inquisizione nella storia italiana[modifier | modifier le code]

Catégorie:Si discute sulle polemiche sollevate pro e contro uno scritto senza far precedere una descrizione informativa dello scritto oggetto della polemica stessa La pubblicazione di Tribunali della coscienza (1996) alimentò un intenso dibattito storiografico sul ruolo dell'Inquisizione e della Chiesa cattolica nella storia italiana. La tesi centrale dell'opera, che si pone il problema del radicamento della Chiesa cattolica nella società italiana, è che la Chiesa non solo abbia vinto con la repressione ma soprattutto convinto con la persuasione e il "governo" delle coscienze, riuscendo a stabilire, nei decenni a cavallo tra Cinquecento e Seicento, un'egemonia duratura sulla società italiana. Il che fu grazie soprattutto al tribunale dell'Inquisizione, definito l'unico potere veramente centralizzato ed efficiente che sia mai esistito in Italia (al punto che Prosperi ha parlato di "unità inquisitoriale dell'Italia"[14]). La Chiesa riuscì, in particolare, secondo Prosperi, ad elaborare un modello di governo delle coscienze originale, straordinariamente efficiente e capillare, attraverso la subordinazione della confessione alle esigenze dell'Inquisizione: i confessori vennero obbligati a non assolvere i fedeli che confessassero colpe di competenza degli inquisitori; l'Inquisizione impose ai vescovi la propria competenza sul reato di adescamento in confessione (sollecitatio ad turpia), esercitando così di fatto un controllo anche sui confessori. Secondo Prosperi, il trionfo di questo modello di controllo delle coscienze, ancor più che la pur altrettanto efficace repressione del dissenso, permise al Papato di radicare stabilmente la sua alta sovranità sulla società italiana, una alta sovranità ancora visibile sino ai giorni nostri. Suggestiva è, nella Premessa, la rievocazione che Prosperi fa delle scene del funerale di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse (1978), officiato da papa Paolo VI che rivolgeva un accorato appello ai brigatisti, allorché lo Stato italiano affrontava una delle crisi più gravi della sua storia, "con gli uomini di Stato italiani inginocchiati ai piedi del pontefice romano", ravvisandovi "i momenti simbolici di una rifondazione dello Stato italiano (...) che ancora una volta - dopo gli anni della guerra nazifascista - ha dovuto far leva sulle ragioni ultime della sua unità"[15].

L'opera di Prosperi suscitò apprezzamenti (come la recensione di Carlo Ginzburg su La Repubblica[16]), e anche critiche alimentando un intenso dibattito storiografico sul ruolo dell'Inquisizione e della Chiesa cattolica nella storia italiana. Elena Brambilla, per esempio, rilevò che Prosperi aveva «implicitamente usato come modello la nuova immagine che della Suprema spagnola ha dato la ricca produzione di studi iberici recenti», i quali «hanno posto in rilievo la sua funzione di tribunale centrale e centralizzatore, unificatore della monarchia e della nazione spagnola; ma hanno messo in ombra, invece, le sue peculiarità di tribunale eccezionale, politico-religioso e totalitario»[17]. Il più duro dei critici fu Giovanni Romeo, che nel 1999 pubblicò una recensione sulla rivista "Quaderni storici", sottolineando a suo giudizio le carenze empiriche e documentarie delle teorie di Prosperi ("mi sarei aspettato una diversa articolazione interna del nucleo centrale della ricerca (...) sarebbe stato molto più opportuno — anziché presentare singole tematiche di rilievo inquisitoriale — approfondire, anche in un'area circoscritta e per un periodo limitato, l'andamento complessivo dei controlli di coscienza operati ordinariamente dalle autorità ecclesiastiche, nelle sollecitazioni romane e nelle diverse applicazioni locali"[18]). Più sfumato, con elogi misti a critiche simili a quelle avanzate da Romeo, è stato il giudizio formulato da Jean-Pierre Dedieu e René Millar Carvacho in un articolo pubblicato nel 2002 sulla prestigiosa rivista Annales. Histoire, Sciences sociales, nella quale si dichiarava che l'opera di Prosperi costituiva «il tentativo più spinto e più compiuto mai intrapreso per integrare il fenomeno inquisitoriale in una storia globale». «Essa - proseguivano Dedieu e Millar Carvacho - rende ben conto di quel che noi sospettavamo al momento della sua pubblicazione. Fondata su studi di singoli casi ben condotti, l'esistenza dei fenomeni che descrive è innegabile. Resta il fatto che la loro estensione deve essere verificata dalla moltiplicazione degli studi locali e da un esame più preciso dei meccanismi di decisione presso la Curia». In effetti, i due studiosi notavano poco più avanti: "si vedono apparire, soprattutto in Italia, dei lavori che, nel movimento suscitato dalle teorie di A. Prosperi, che essi d'altra parte criticano giustamente, si interessano alla pratica del sacramento della confessione fuori da ogni quadro delittuale. Si tratta in questi casi di progressi significativi"[19].

Nel libro Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento, pubblicato da Laterza nel 2006, Massimo Firpo riprese alcune sue vecchie critiche a Tribunali della coscienza[20], rimproverando a Prosperi di aver attribuito un carattere troppo decisivo all'affermazione dei tribunali inquisitoriali e di averne sopravvalutato il peso nella storia italiana: "Il fascino del potere che emana da quei tribunali, la constatazione della loro pervasiva capacità di ritrovare "in ogni crisi storica del paese Italia antiche e nuove ragioni di egemonia", di adattarsi al mutare delle cose e dei tempi e di trovare sempre nuovi spazi di azione, hanno indotto Prosperi a ritenere fuori dubbio il fatto che "la Chiesa abbia vinto" (...) Il sottrarsi a quel fascino, tuttavia (...) costituisce il presupposto indispensabile per capire il prezzo di quella vittoria e recuperare anche nel presente le tradizioni intellettuali e civili che nel passato cercarono di contrastare quell' egemonia e le sue categorie fondanti, talora all'interno stesso dell' istituzione ecclesiastica, per indicare la strada verso acquisizioni irrinunciabili della nostra civiltà, quali la libertà del sapere, il primato della coscienza, la separazione tra Chiesa e Stato, il diritto al dissenso, la creazione di uno spazio pubblico di discussione e confronto"[21]. Sul Corriere della sera del 26 novembre 2006 lo storico Sergio Luzzatto, in un lungo articolo, presentava nei dettagli il libro di Firpo, accennando alle sue divergenze rispetto ad altri storici sul peso dell'Inquisizione nella storia italiana [22], mentre il giornalista Antonio Cariotti, in un breve intervento, citava una dopo l'altra le risolute frasi di Firpo contro le interpretazioni dei cattolici Jedin, Alberigo e Prodi da un lato, e dei laici Prosperi e Asor Rosa dall'altro[23]. Prosperi dal canto suo, recensendo il volume di Firpo sul Sole 24 Ore del 3 dicembre 2006 [24], valutò l'interpretazione di Firpo come una riproposizione del vecchio paradigma della "mancata Riforma" in Italia, e aggiunse: "Si capirà dunque lo stupore provato dallo scrivente quando si è trovato indicato come succube di una fascinazione dell'Inquisizione che non crede di avere mai avvertito. La verifica è facile: il libro a cui Firpo si riferisce — Tribunali della coscienza (Einaudi 1996) — cerca di analizzare e di capire le ragioni che permisero alla Chiesa cattolica del Cinquecento di vincere ma anche di convincere e di radicarsi stabilmente nella società italiana; un esito che la sola forza di un tribunale e di una polizia non poteva ottenere. Dunque se qualcuno ha subito la fascinazione dell'Inquisizione, quello non sono io".

La vicenda del Corvo della Normale[modifier | modifier le code]

Nel maggio 2007, durante il dibattito sulla rielezione di Salvatore Settis a direttore della Normale di Pisa, nel quale era intervenuto anche Carlo Azeglio Ciampi, una lettera a firma di Prosperi raggiunse la redazione del quotidiano La Nazione, che la pubblicò [25]. La lettera polemizzava contro un presunto volantino, circolante alla Normale, in cui lo storico era accusato di opporsi alla conferma di Settis perché quest'ultimo non aveva favorito la chiamata a professore associato presso la prestigiosa università pisana della figlia Valentina Prosperi (allieva di Gian Biagio Conte, anch'esso tra gli oppositori di Settis, e vincitrice di cattedra presso l'Università di Sassari). La direzione della Scuola Normale, in un comunicato[26], e Prosperi stesso, attraverso una lettera-smentita[27], denunciarono che si trattava di un falso, e che il volantino a cui faceva riferimento non era mai circolato. La vicenda finì sulla prima pagina del Corriere della Sera[28].

Il "corvo" tornò a colpire nel settembre 2010 con una lettera su presunti sprechi e spese folli alla Normale che attirò l'attenzione della magistratura[29].

Un mese dopo, nell'ottobre 2010, Prosperi fu oggetto di due ulteriori delazioni anonime che mettevano in discussione la sua onestà professionale ed imparzialità relativa ad alcune procedure concorsuali, in particolare quella, allora in corso e che lo vedeva presiedere la commissione, per il reclutamento di un ricercatore universitario in Storia moderna presso l'Università di Macerata[30].

La polemica sulla Biblioteca Universitaria di Pisa[modifier | modifier le code]

Il 29 maggio 2012 il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, ha deliberato con una ordinanza la chiusura del Palazzo della Sapienza, sede storica dell'Università di Pisa e della Biblioteca Universitaria, per le necessarie opere di ristrutturazione dell'immobile. Prosperi si è messo alla testa di una contestazione contro lo spostamento della Biblioteca dalla sua sede storica, polemizzando contro la decisione, temporanea ma ipotizzata anche in via permanente, di spostare il patrimonio librario presso un convento dei cappuccini situato nei pressi del centro di Pisa (San Giusto), da lui considerata "di per sé insoddisfacente da tutti i punti di vista", segnando "la rinuncia e il fallimento delle istituzioni accademiche, del governo cittadino e regionale e dei ministeri nazionali"[31].

La decisa presa di posizione di Prosperi ha suscitato una risposta di disappunto da parte del sindaco Filippeschi[32]. MIBAC, Comune e Rettorato hanno confermato i loro piani che non escludono l'eventualità di ricollocare permanentemente la Biblioteca in sede più idonea e funzionale rispetto all'antico palazzo. Prosperi ha reagito lanciando un nuovo appello simile al precedente[33].

Bibliografia[modifier | modifier le code]

Opere principali[modifier | modifier le code]

Curatele[modifier | modifier le code]

Voci correlate[modifier | modifier le code]

Note[modifier | modifier le code]

  1. Cfr. in particolare: C. Ginzburg, Italia, un Paese fondato sull'Inquisizione, "La Repubblica", 14 gennaio 1997; M. Firpo, Tribunali della coscienza in età tridentina in "Studi Storici", 38, 1997, pp. 355-382; E. Brambilla, Il «foro della coscienza». La confessione come strumento di delazione in “Società e storia”, 81, 1998, pp. 591-608;G. Romeo, Sui Tribunali della coscienza di Adriano Prosperi in "Quaderni storici", 35, 1999, pp. 796-800; Giuliana Nobili Schiera, Coscienze e politica. A proposito di Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari in "Scienza & Politica", 21, 1999, pp. 113-116.
  2. Cfr. in particolare Saremo tutti dottori ma l'accademia è malata di mediocrità, articolo pubblicato su Il Corriere della Sera, 20 dicembre 2000; nonché Cosa dare agli studenti, articolo apparso il 21 ottobre 2008 in prima pagina de "La Repubblica", nel contesto delle agitazioni universitarie contro la riforma Gelmini.
  3. Cfr. in particolare La cultura di Repubblica, "Il Buio", 4 luglio 2012.
  4. Cfr. in proposito P. Simoncelli, L'antifascismo dei voltagabbana, "L'Avvenire", 10 luglio 2010.
  5. Cfr. in particolare N. D’Elia, Delio Cantimori e la cultura politica tedesca (1927-1940), Viella, Roma 2007; E. Di Rienzo, Un dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e Repubblica, Le Lettere, Firenze 2004; E. Di Rienzo, Un dopoguerra storiografico: due o tre cose che so di lui in "Nuova storia contemporanea", 4, 2005; Delio Cantimori e la cultura politica del Novecento, Le Lettere, Firenze 2009, pp. 73-133; P. Simoncelli, La Normale di Pisa. Tensioni e consensi (1928-1938): appendice, 1944-1949, Franco Angeli, Milano 1998; P. Simoncelli, Cantimori e il libro mai edito. Il movimento nazionalsocialista dal 1919 al 1933, Le Lettere, Firenze 2008.
  6. Ben noto è il giudizio di Benedetto Croce, che, non capendo “quale fosse la fede politica del Cantimori”, ne sottolineava la “confusione e contraddizione degli atteggiamenti mentali e morali”. Cfr. B. Croce, Vite di avventure, di fede e di passione, Laterza, Bari 1935, pp. 23-24.
  7. Cfr. A. Prosperi, Delio Cantimori maestro di tolleranza, "Il manifesto", 30 marzo 2005; D. Messina, Prosperi, con gli scoop non si fa la storia. "Corriere della sera", 3 aprile 2005; A. Prosperi, Cantimori nazista e bolscevico: se è vero, fuori le prove, "Corriere della Sera", 17 aprile 2005; A. Prosperi, Cantimori e il grande peso delle ideologie, "La Repubblica", 19 settembre 2007.
  8. Cfr. A. Frangioni,Recensione di Nicola D’Elia, Delio Cantimori e la cultura politica tedesca (1927-1940), e di Paolo Simoncelli, Cantimori e il libro mai edito. Il movimento nazionalsocialista dal 1919 al 1933, in "Ricerche di storia politica", XIII, 1, aprile 2010, pp. 77-79.
  9. In tale voce Craveri non fece mistero dei trascorsi di Cantimori, affermando tra l'altro che fin dalla giovinezza Cantimori mostrò un "interesse continuo per il tema della "rivoluzione nazionale", che sarebbe filtrato, attraverso una costante e contradittoria evoluzione, dal binomio mazziniano di rivoluzione-repubblica nell'adesione giovanile a talune analisi sul rapporto tra strutture sociali e Stato, proprie della pubblicistica fascista e nazionalsocialista, e infine nel contributo del C. dopo la liberazione alle polemiche ideologiche della cultura di sinistra".
  10. Cfr. P. Citati, Scuola storia di un disastro annunciato [1], "La Repubblica", 20 ottobre 2004, che così ricordava Cantimori: ""un erudito freddolosissimo, Delio Cantimori, nascosto nella sua camera-tana, dalla quale usciva soltanto avvolto in cappotti e coperte e sopraccappotti e sopracoperte: mi guardava con sopracciglia fosche e sospettosissime: in primo luogo perché ero un reazionario (votavo per Giuseppe Saragat) e poi perché non ero "un allievo diligente", visto che i suoi utopisti, prerivoluzionari, rivoluzionari e postrivoluzionari mi annoiavano indicibilmente (...) Il novanta per cento dei normalisti era stalinista: adoravano Cantimori perché era uno studioso serio (così si diceva allora, con una particolare genuflessione della voce): infatti, quand'era fascista aveva studiato seriamente, dal 1930 al 1939, il nazionalsocialismo; e allora (passati pochissimi anni) studiava con la stessa serietà, e un'emozione che giungeva fino a rossori, tremori e lacrime da vergine, i saggi storici di Palmiro Togliatti".
  11. Cfr. E. Di Rienzo, Caro Prosperi, è questo il vero Cantimori, "Corriere della Sera", 4 aprile 2005; P. Simoncelli, Le sirene totalitarie che ammaliarono Cantimori, "Corriere della Sera", 9 aprile 2005.
  12. Cfr. D. Messina, «Cantimori, ultimo intoccabile. In nome dell' ortodossia», "Corriere della Sera", 31 marzo 2005.
  13. Cfr. D. Messina, Il Cantimori segreto che nessuno può leggere, "Corriere della Sera", 1° aprile 2005.
  14. A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi, Torino 1996, p. 74.
  15. Ibid., p. X.
  16. Cfr. C. Ginzburg, Italia, un Paese fondato sull'Inquisizione, "La Repubblica", 14 gennaio 1997.
  17. Cfr. E. Brambilla, Il «foro della coscienza». La confessione come strumento di delazione in “Società e storia”, 81, 1998, pp. 591-608.
  18. Cfr. G. Romeo, Sui Tribunali della coscienza di Adriano Prosperi in "Quaderni storici", 35, 1999, pp. 796-800, citazione a p. 800.
  19. Cfr. J.-P. Dedieu, R. Millar Carvacho,Entre histoire et mémoire. L’Inquisition à l’époque moderne: dix ans d’historiographie, in “Annales. Histoire, Sciences sociales”, 57, 2002, 349–72, in particolare pp. 358-59, 368-69: "La mise en contexte est aussi le maître mot de la perspective ouverte par Adriano Prosperi dans un ouvrage fascinant, devenu un point de référence de l’école italienne. Plus que d’Inquisition, il est question de la naissance de l’Italie moderne, constituée autour non point d’un État, mais d’une Église, et qui s’est centrée sur cette dernière au long de la centaine d’années qui court du milieu du XVIe jusqu’au milieu du XVIIe siècle, période à laquelle se limite l’étude. (...) Cet ouvrage constitue la tentative la plus poussée et la plus achevée jamais entreprise pour intégrer le phénomène inquisitorial dans une histoire globale. Il rend bien compte de ce que nous suspections au moment de sa publication. Fondée sur des études de cas bien menées, l’existence des phénomènes qu’il décrit est indéniable. Il n’en reste pas moins que leur extension doit être vérifiée par la multiplication des études locales et par un examen plus précis des mécanismes de prise de décision à la Curie. (...) L’on voit apparaître, en Italie surtout, des travaux qui, dans le mouvement suscité par les théories de A. Prosperi, qu’ils critiquent d’ailleurs sainement, s’intéressent à la pratique du sacrement de confession hors même de tout cadre délictuel. Ce sont là des avancées considérables (...)".
  20. Formulate in M. Firpo, Tribunali della coscienza in età tridentina in "Studi Storici", 38, 1997, pp. 355-382.
  21. M. Firpo, Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 512.
  22. Cfr. S. Luzzatto Eresia di un vescovo, "Corriere della Sera", 26 novembre 2006.
  23. Cfr. A. Cariotti, Quelle critiche ad Alberigo e Prodi, "Corriere della Sera", 26 novembre 2008.
  24. Cfr. A. Prosperi, Eroe della Riforma mancata, "Il Sole 24 Ore", 3 dicembre 2006.
  25. Cfr. Volantini e lettere al vetriolo, "La Nazione", 16 maggio 2007; Volantini e veleni sulle elezioni alla Normale, "La Nazione", 16 maggio 2007.
  26. Normale, un falso la lettera di Prosperi alla Nazione, comunicato ufficiale sul sito della Normale, 16 maggio 2007.
  27. Lettera-smentita di Adriano Prosperi, pubblicata su "La Nazione" del 17 maggio 2007. Vedi anche Veleni a Pisa. Un "corvo" colpisce la Scuola Normale, "La Nazione", 17 maggio 2007.
  28. Il corvo. Calunnie, veleni e una lettera falsa alla Normale di Pisa, articolo di Dino Messina sul "Corriere della Sera" del 18 maggio 2007.
  29. Cfr. Alla Normale torna il Corvo, "Corriere della Sera", 29 settembre 2010
  30. Cfr. la lettera di Susanna Peyronel del 15 ottobre 2010, con allegato, diretta alla SISEM, associazione degli storici modernisti italiani, la replica di Adriano Prosperi del 19/10/2010, seguita da un'ulteriore lettera-denuncia di Prosperi del 20/10/2010
  31. Cfr. Pisa, appello per la biblioteca: "Deve restare alla Sapienza", "La Repubblica - Firenze", 1° giugno 2012; Prosperi: “Dalla città nessuna offerta di spazi per la Biblioteca Universitaria”, "Pisanotizie", 2 giugno 2012.
  32. Cfr. Filippeschi risponde a Prosperi sulla biblioteca universitaria: "Il Comune ha fatto la sua parte", "Pisanotizie", 16 agosto 2012.
  33. Cfr. Biblioteca, a tre mesi dalla chiusura ancora nessuna verifica strutturale. Prosperi: "Necessario un confronto pubblico", "Pisanotizie", 5 settembre 2012.

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Categoria:Accademici dei Lincei Categoria:Personalità legate all'Università di Pisa Categoria:Personalità legate all'Università di Bologna Categoria:Nati in provincia di Firenze