Raimondo d'Annecchino

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Raimondo d'Annecchino
Signore di Roccascalegna
Stemma
Stemma
TrattamentoSignore
Altri titoliSignore di Altino, Bomba, Civitaluparella, Civitella Messer Raimondo, Gamberale, Montebello sul Sangro e Pennadomo
NascitaLanciano
Morte1465 circa
DinastiaAnnecchino
PadreAnnecchino d'Annecchino
Madre?
ReligioneCattolicesimo
Raimondo d'Annecchino
NascitaLanciano, ?
Morte1465 circa
Dati militari
Paese servito Regno di Napoli
Regno d'Aragona
Repubblica di Siena
Forza armataMercenari
GradoCondottiero
ComandantiJacopo Caldora
Antonio Caldora
BattaglieBattaglia del Tordino (1460) ed altre
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Raimondo d'Annecchino o Raimondo Anichino (Lanciano, ... – 1465 circa) è stato un nobile, condottiero e luogotenente italiano[1], signore di Altino, Bomba, Civitaluparella, Civitella Messer Raimondo[2], Gamberale, Montebello sul Sangro, Pennadomo e Roccascalegna[3].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Lanciano[4] in data sconosciuta da Annecchino d'Annecchino, soldato abruzzese di origine tedesca, intraprese la carriera militare insieme al fratello Cola nella compagnia di ventura di Jacopo Caldora, rivestendo il ruolo di luogotenente[1]. Morto questi nel 1439, passò sotto suo figlio Antonio Caldora, contrastando le avanzate degli Aragonesi di Alfonso V d'Aragona[1].

Dopo essere passato insieme a lui dalla parte di quest'ultimo, nel 1442 si recò a Fermo da Alessandro Sforza (schierato con gli Angioini) per trattare la liberazione di Raimondo Caldora, rimasto prigioniero dopo l'assedio di Ortona[3]. L'anno seguente presiedette all'ingresso trionfante di Alfonso V a Napoli[3]. Nel 1447 giunse a Pavia in soccorso del duca di Milano Filippo Maria Visconti che si trovava a fronteggiare i Veneziani[3]. Due anni dopo, a Parma si scontrò invano con Alessandro Sforza[3].

Terminato il servizio presso gli Aragonesi, passò nel 1453 agli stipendi della Repubblica di Siena e fronteggiò i fiorentini[3]. Nel 1460 partecipò sotto Jacopo Piccinino alla battaglia del Tordino ottendendo il comando di un'ala della cavalleria pesante[3]. Attaccato duramente dal condottiero nemico Federico da Montefeltro, riuscì alla fine a prevalere[3].

Nel 1465 ritornò dalla parte degli Aragonesi sotto Ferrante d'Aragona (succeduto al padre Alfonso V) ed ottenne l'incarico di scortare da Milano a Napoli Ippolita Sforza in occasione delle nozze con suo figlio Alfonso II[3]. Terminato l'incarico, Raimondo d'Annecchino morì intorno a tale anno[3].

Il suo stemma era costituito da uno scudo d'oro a tre teste di donne di carnagione, poste in profilo e attortigliate di rosso[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c DBI.
  2. ^ Il comune di Civitella Messer Raimondo trae il proprio nome da Raimondo d'Annecchino, che l'ebbe in feudo.
  3. ^ a b c d e f g h i j Condottieridiventura.it.
  4. ^ Masciotta (1926), p. 64.
  5. ^ Aldimari (1691), 3ª app.; Nobiltà napoletana con i Seggi nei Sedili di Napoli, su i-nobili-gentiluomini-napoletani.com.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Biagio Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere, Napoli, Giacomo Raillard, 1691, ISBN non esistente.
  • Giambattista Masciotta, Una gloria ignorata del Molise: Giacomo Caldora, nel suo tempo e nella posterità, Faenza, Stabilimento F. Lega, 1926, ISBN non esistente.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]